Sono nato in Sicilia, a Patti, nel 1959. Mio padre, medico, e mia madre, professoressa di lettere, si trasferirono in Calabria, a Cosenza, dove ho trascorso la mia infanzia. Anche se sono ritornato nel mio paese d’origine sporadicamente, soprattutto nei periodi estivi, il legame con la Sicilia è stato sempre molto forte.
Ho cominciato a suonare il pianoforte all’età di sei anni, e per puro caso: nell’estate del 1965 i miei genitori poterono permettersi soltanto qualche giorno di vacanza in Sicilia, e nel palazzo in cui abitavamo, che era in corso Telesio al numero 26, nella Cosenza Vecchia, al primo piano viveva un professore di musica, il maestro Luciano Luciani. Fu mia madre a decidere che, per aiutarmi a trascorrere meno noiosamente l’estate in città, bisognava offrirmi qualche distrazione, e mi spinse a prendere lezioni di pianoforte.
Luciano Luciani era un uomo elegante e gentile: un vero galantuomo. Ricordo, come se fosse ieri, che con la sua voce chiara – gli piaceva scandire le parole – mi chiedeva di “articolare” le dita per irrobustirle. Io non avevo ancora il pianoforte in casa: il maestro Luciani mi lasciava studiare tutti i pomeriggi sul suo, e questo avvenne ininterrottamente fin quando non ebbi compiuto nove anni e la mia famiglia cambiò residenza. Mio padre mi fece una sorpresa, e nella nuova abitazione, ancor prima che entrassero i mobili, mi fece trovare un pianoforte verticale. Finalmente avrei potuto studiare su uno strumento tutto mio…
Qualche anno dopo fui ammesso in Conservatorio e venni affidato, dall’allora direttore dell’istituto, il maestro Giuseppe Giacomantonio, al maestro Valentino Di Bella, che fu senza dubbio una persona di grande rilievo nella mia educazione pianistica: anche lui era di origini siciliane (era nato a Giarre), ma viveva a Roma. Uomo di generosità e bontà indicibili, aveva una maniera decisamente empirica di dare i suoi insegnamenti, ma carica di contenuti musicali eccellenti; sotto la sua guida studiai le Invenzioni a 2 e a 3 voci e le Suites Francesi di J.S. Bach molto approfonditamente. Nel lavoro con i suoi allievi, che conduceva con straordinaria pazienza, aveva poco interesse di costruire il meccanismo tecnico attraverso sterili esercizi di tecnica, per come era usuale nelle scuole pianistiche di quei tempi: al contrario, era convinto che la tecnica strumentale scaturisse naturalmente dallo studio di Bach e dei compositori classici e romantici.
Il periodo di studio con Valentino Di Bella fu però piuttosto breve, appena un anno e mezzo, e culminò con l’esecuzione della Polacca “Eroica” op.53 di Chopin che feci al saggio del 1975 (avevo appena compiuto 15 anni), che venne molto apprezzata nell’ambiente del Conservatorio. Poco tempo dopo, Di Bella si trasferì al conservatorio di Perugia; fui allora affidato agli insegnamenti del maestro Antonio Di Donna, di tipica scuola pianistica napoletana – Di Donna aveva anche studiato con Vincenzo Vitale. In quegli anni, studiavo anche la composizione sotto la guida del maestro Elvio Leggiero, che proveniva dalla scuola di Jacopo Napoli, e che mi avviò allo studio dell’armonia e del contrappunto con molto incitamento; dopo alcuni esperimenti compositivi eseguiti in pubblico con incoraggiante successo, abbandonai quel sentiero, che pure alcuni anni più tardi avrei ripreso, attratto com’ero esclusivamente dal pianoforte e dal mondo del concertismo.
L’incontro con il maestro Michele Marvulli, tra i più importanti musicisti e didatti italiani, si può dire che segnò la svolta. Marvulli fu nominato direttore al Conservatorio di Cosenza dopo la metà degli anni ’70, e tra le prime cose che fece per presentarsi all’Istituto, vi fu quella di organizzare una serie di concerti tenuti dagli allievi della sua scuola pianistica: fu un “biglietto da visita” indimenticabile, ed ebbi modo di ascoltare i concerti strepitosi che tennero nell’aula magna del Conservatorio i pianisti Pierluigi Camicia, Luigi Ceci, il giovanissimo Benedetto Lupo. Marvulli portò al Conservatorio di Cosenza un respiro musicale di caratura internazionale, e occorre senza dubbio sottolineare che questa ventata di professionismo scosse fortemente tutto l’ambiente musicale cittadino.
Dopo pochi mesi dall’arrivo del maestro Marvulli, e soprattutto dopo aver ascoltato i suoi eccellenti allievi e aver fatto alcune discussioni appassionanti con lui, avevo un’unica aspirazione: volevo assolutamente diventare suo allievo, e non fu facile: nonostante fosse una persona sorridente e disponibile, Marvulli era caratterizzato musicalmente da un’estrema intransigenza, e pretendeva dai suoi studenti standard di esecuzione qualitativamente elevatissimi, che per me erano allora impensabili. Ciò nonostante, la mia ostinazione e la mia caparbietà riuscirono ad avere il sopravvento: mi iscrissi ad alcuni corsi di perfezionamento che Marvulli tenne nella giovanissima Accademia Musicale Pescarese, inaugurata nel 1977, e dalla fine del 1978 in poi riuscii ad essere ammesso tra i suoi allievi, seguendolo costantemente sino alla fine del 1984 nelle due accademie in cui dava regolarmente i suoi corsi, ossia la già citata Accademia di Pescara e l’Accademia “Nino Rota” di Bari. Fu un periodo di studio estremamente intenso, durissimo, ma fu insostituibile. Mi diplomai in pianoforte presso il conservatorio di Cosenza nel 1981, con il massimo dei voti e la lode.
Nel 1984, fui ammesso ad un corso estivo di perfezionamento, della durata di un mese, che il grande pianista Aldo Ciccolini teneva presso l’Academie “M. Ravel” di Saint Jean-de-Luz, nella Francia basca. Avevo ascoltato in disco i Concerti di Saint-Saens incisi da Ciccolini, e pubblicati dalla EMI in quegli anni, ed ero rimasto molto colpito dal suo modo di suonare. Volevo conoscerlo da vicino, direttamente: non sapevo che stavo andando incontro ad un vero e proprio stravolgimento della mia vita musicale.
Quando cominciai a frequentare pianisticamente ed umanamente Aldo Ciccolini, che era allora nel pieno della sua straordinaria attività di concertista, mi trovai a confronto di uno dei più grandi interpreti del Novecento. Le sue lezioni erano caratterizzate da una prodigiosa penetrazione nelle partiture di cui mi parlava, unica nel suo genere, un vero e proprio “identificarsi” in esse. La sua conoscenza del repertorio pianistico, poi, era fuori dal comune, ed era praticamente impossibile che uno studente dei corsi che seguivo assiduamente gli facesse ascoltare un brano che Ciccolini non avesse già eseguito, o che non conoscesse perfettamente a memoria. Ebbe così inizio un lungo periodo entusiasmante, e prima in Francia, poi in Italia, presso l’Accademia “L. Perosi” di Biella, feci anch’io parte di una gruppo di giovani pianisti di grande valore: i miei compagni erano Benedetto Lupo, Roberto Cominati, Antonio Rosado, Mark Bebbington, Prisca Benoit, Florence Millet, tutti strumentisti che oggi vantano carriere pianistiche internazionali. Era veramente molto emozionante far parte di quel manipolo di giovani pianisti, un’esperienza di studio fortunata e difficilmente ripetibile.
Aldo Ciccolini era un maestro di musica e di vita, e si occupava di ogni sfaccettatura della crescita artistica e pianistica dei suoi studenti; parallelamente era un vero e proprio faro nella storia dell’interpretazione musicale del Novecento, cui fare costante riferimento per risolvere qualsiasi dubbio. Seppure alla mia partenza per la Francia non avessi mai pensato di cambiare maestro, interrompendo il rapporto didattico con il maestro Marvulli e diventando allievo del grande pianista, ciò avvenne spontaneamente. Per le solite ragioni misteriose che regolano il mondo dell’arte strumentale, nella mia vita si era chiuso un ciclo, e ne iniziava un altro. E poiché il mio carattere era curioso di conoscere altre scuole, altri modi di pensare alla musica (e da questo punto di vista Aldo Ciccolini stimolava particolarmente i suoi allievi nel cercare altre strade, altre ipotesi interpretative), circa un anno dopo iniziai a studiare anche con il maestro Bruno Mezzena , che era stato allievo prediletto di Arturo Benedetti-Michelangeli e aveva conosciuto Ciccolini ai corsi tenuti a Parigi da Marguerite Long, e che mi mise di fronte ad un vasto insieme di problemi interpretativi, in particolar modo riguardo alla musica del tardo Romanticismo e del Novecento.
Seguii i corsi di Aldo Ciccolini (Saint-Jean de Luz, Académie “M. Ravel” – Biella, Accademia “L. Perosi”) e di Bruno Mezzena (Accademia Musicale Pescarese) per numerosi anni, e costruii con loro le basi del mio repertorio solistico. La mia fortunata ed intensa carriera accademica fu coronata dall’ARCM Performing Diploma, che conseguii presso il Royal College of Music di Londra con la Menzione d’onore (1987).
Sulla scia degli anni di studio, ho continuato sino ad oggi ad edificare pazientemente il mio repertorio solistico, che testimonia una costante, sostenuta ed appassionata ricerca. Si può dire che la curiosità verso i generi musicali più disparati, ma anche nei riguardi della musica meno eseguita, in particolar modo quella di autori appartenuti al Novecento italiano, abbia caratterizzato tutte le mie scelte.
Ho quasi quaranta anni di attività concertistica ininterrotta alle spalle, che svolgo prevalentemente in Italia e in Europa (ho dato concerti soprattutto in Spagna, in Francia e in Svizzera, ma anche in Grecia, nella Repubblica Ceca, in Belgio, in Romania e in Polonia); ho tenuto masterclasses di perfezionamento pianistico per gli allievi di prestigiose istituzioni (Verano Musical de Zumaia, Spagna; Semaine de Piano de Blonay – Fondation Hindemith, Svizzera; Conservatori Superiori di Malaga, Oviedo, Granada, Badajoz e Sevilla; Università Chopin di Varsavia), nonchè conferenze e seminari dedicati alla forma e al linguaggio musicale. Ho avuto collaborazioni cameristiche con strumentisti di fama internazionale: il trombettista Timofei Dokshitzer, il violinista Hidetaro Suzuki, i violoncellisti Marçal Cervera e Arturo Bonucci, i flautisti Michel Bellavance, Alain Marion e Maxence Larrieu.
Dal 1986 suono regolarmente in Duo con la flautista Daniela Troiani; risale anche al 1986 il mio Duo stabile con il violinista Lorenzo Parisi, con cui nel 1993 ho fondato, insieme al violoncellista Antonio Zitano, Artemide Piano Trio, fortunata formazione cameristica che sino al 2000, anno dello scioglimento, si è esibita costantemente in importanti città italiane (Roma, Bologna, Savona, Messina, Bari, Lecce, Aosta).
Ho fatto parte di giurie di concorsi di esecuzione musicale nazionali e internazionali, e sono stato per 3 anni coordinatore del Concorso Pianistico “A. Rendano”. Dal 1981 sono docente di Pianoforte presso il Conservatorio di Cosenza: alcuni dei miei allievi si sono affermati in importanti concorsi, ed hanno intrapreso significative carriere. Dal 2018 ho iniziato una importante collaborazione con l’Accademia Musicale “G. Mahler” di Trebisacce (CS).
Da molto tempo mi impegno anche nel campo dell’organizzazione musicale. Nel 1993, mosso dalla passione per la musica strumentale italiana del Novecento, ho fondato a Rende l’Associazione “Progetto ARTEMIDE”, dedicandomi alla ricerca e all’esecuzione della musica italiana; questa importante esperienza ha reso possibile l’organizzazione, per tre anni consecutivi (1993-1995), del Festival della Musica da Camera Italiana, che ha avuto uno straordinario successo di pubblico e di critica. Dal 1994 sono Presidente dell’Associazione Musicale “Maurizio Quintieri”, l’ente di tradizione più rinomato della città di Cosenza, nonché una delle associazioni concertistiche più importanti d’Italia. In questi anni ho organizzato a Cosenza e nella sua provincia oltre quattrocento concerti, ospitando solisti, gruppi cameristici ed orchestrali.
Ho ricevuto riconoscimenti di prestigio per la mia carriera: nel 2013 il “Premio Cassiodoro”, insignito alle maggiori personalità operanti in Calabria a favore della cultura; nel 2014 sono stato premiato dalla Commissione Cultura della Città di Cosenza, per i miei meriti di diffusione del nome della Città nel mondo, e nel 2016 ho ricevuto il premio “Silvana Luppino”, per i miei meriti artistici e di diffusione culturale.
Ho sposato nel 1991 la pianista-musicologa Maria Roberta Milano, con cui mi esibisco talvolta in duo a quattro mani, e abbiamo tre figli: Giacinto, che è un eccellente batterista jazz, Bruno ed Annagabriella.